Processo al futuro

Processo al futuro


Durante il sonno, Advocat fu visitato da una visione onirica. Contravvenendo alle leggi del tempo, che per ragioni di ordine psichico proibivano ai cittadini di aprir le porte dell’inconscio ai sogni, egli inconsciamente disobbedì. Aprendo alla visione, fu dunque trasfigurato e condotto bambino al tempo della sua infanzia, quando tra i compagni in debitor frequentava le scuole dell’educazione innovativa.
Era l’ora della ricreazione. Nel cortile, una lingua d’edificio a strapiombo fra i grattacieli, il piccolo era intento con altri a prendere a sassate gli stormi di uccelli meccanici che planavano per l’infra-cielo. Nel sogno, uno dei suoi compagni, scarso di mira e isolatosi in disparte, richiamava l’attenzione di tutti gli altri con esclamazioni di meraviglia: frugando tra le bordure aveva trovato una colonia di formiche. Subito circondate delle attenzioni più istintive, queste diventarono presto oggetto delle morbose pulsioni di non pochi tra gli educandi del mondo nuovo, desiderosi di veder cosa accadesse a strappar loro zampette, testolina ed antenne: molti si chiedevano se le viventi specie avrebbero reagito più o meno similmente a quelle automatizzate con cui avevan confidenza. Volevano dunque metterle alla prova, far loro del male e stare a guardare. Advocat, postosi frammezzo, li trattenne per un poco, allarmato dal proposito di torchiare con le proprie ditina quelle fragili bestiole. Immedesimandosi in esse, il suo cuore bambino soffriva. Ma i più, determinati e scontenti delle sue premure eccessive, convinsero in breve tutti gli altri ad attuare quanto avevano in mente. Davanti ai suoi occhi, essi presero così a straziare passivamente le piccole creature, senza lasciarsi fermare dalle lacrime pietose del compagno impotente.
Come impazzite, allora, frotte di formiche cominciarono a dileguarsi rompendo le righe, oppresse da un fato di cui ignoravano provenienza e sorte. Talune si prodigavano intorno alle compagne con le membra strappate, cercando di lenire il loro strazio con la presenza. Altre coraggiose tentavano di caricarsele sul dorso, ma prelevate dal fato di piccole dita e avvicinate ad occhi ostili, venivano infine accartocciate insieme con le altre dalla curiosità dei bimbi. Pochi minuti di gioco, frattanto, avevano lasciate sparse sul viottolo mucchietti di bestiole agonizzanti. Quelle semivive, gemitando fra i cadaveri delle molte schiacciate o sfinite, con flebili sospiri aumentavano la pena delle compagne fuggitive, al riparo fra gli interstizi. A tutte, lo spettacolo pareva un’ingiusta carneficina. Che orrenda imboscata, tesa contro inerme fanteria, falcidiata da forze oscure ed invisibili! Non reggendo alla prova del patire, Advocat desiderò farsi prossimo e, con esse, morire. E tant’era e tale il suo profondo desiderio d’aiutare che d’un tratto, nel sogno, il bambino fu trasformato: egli stesso in formica. E quando fra d’esse si ritrovò e vide, lì sul selciato, prese a zampettare senza posa da una parte all’altra, per portare a ciascuna il conforto, mettere tutte in guardia, qualcheduna salvarla trasportandola sul dorso. La compassione lo aveva trasformato. Era adesso una di loro. Anche lui, perciò, doveva essere schiacciato.
Ma si trovava ancora in battaglia sul campo, quando cessarono gli effetti del sonno.


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