La cena

La cena


II

Al tavolo convennero i delegati, sei per parte. A servire una sceltissima mescola di camerieri provenienti da tutte le etnie, culture e religioni del globo. Il caposala ricevette le più pressanti disposizioni specialmente da parte dei delegati dei poveri: “Vino e porzioni tutte ben divise in parti uguali, e che nessuno ne abbondi”.

Dal canto loro il partito dei ricchi premeva perché nei loro piatti arrivasse “una patata in più; un fagiolino un poco più lungo; parti scelte” e simili. Volevano far pesare il loro prestigio.

Giunse dunque l’ ora della cena, e davanti alle telecamere di tutto il mondo, i delegati sedettero a tavola. Fu portato il primo antipasto: involtini di cacio e peperoncini boliviani triti a salvia del luogo. Prese parola il primo delegato, della parte dei ricchi: “Amici, con i più calorosi omaggi da parte di tutte le autorità mondiali, e con lo sguardo di tutti gli abitanti della terra rivolto a questo cenacolo, ci assumiamo un compito grave: dobbiamo dunque venire a patti perché le grandi risorse della terra siano finalmente distribuite fra tutti gli abitanti in misura dignitosa ed equa”. Ciò detto risedette, cominciando ad abbuffarsi sopra gli involtini e trascurando il vicino.

Prese allora parola il primo delegato della fazione dei poveri: “Fratelli, voi vedete cosa non funziona: non basta ai ricchi di essere ricchi e rimpinzarsi di tutte le cose buone che ci sono sulla terra – che invero dovremmo aver cura di partecipare nella misura minima a tutti – ma voi volete anche riempirvi lo stomaco, oltre che del nostro, anche di belle parole che non portano a nulla. Se voi faceste i ricchi, senza darvi pensiero di aiutarci, noi soffriremmo meno: questo è il messaggio che vi porto da parte poveri più poveri della terra: “Siamo stufi che voi vi preoccupiate di noi! Con tutta la vostra preoccupazione infatti, non siete in grado di smuovere la nostra condizione di un millimetro”. Dopodiché si tacque per circa un minuto.


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