Esame di revisione

Esame di revisione



“Colpa del pedone!”, cercai di giustificarmi. In effetti, disceso dalla bettola celeste durante un incolonnamento in Via Cantore,  ad un tratto
avevo preso in mano il telefonino per una veloce sfida a scacchi. Ancora imbottigliati nel traffico, diteggiando di sotterfugio la mia strategia sullo schermo, avevo notato un pedone lasciato solo, pronto per essere pappato dal mio cavallo. Era una maledetta trappola, invece, preparata dal mio avversario in Camerun: il sacrificio velava un contro attacco letale al mio Re, che mi sarebbe valso in poche mosse la partita. Irritato per la disfatta, me l’ero presa giocoforza col primo pedone che mi aveva attraversato la strada. Ero un Re frustrato e sconfitto al volante, la strada la scacchiera su cui prendermi la dovuta rivincita! Come vidi il pedone affacciarsi sulle strisce, con un colpo d’acceleratore gli fui sotto per farne una schiacciatina. Il mal capitato, con mossa degna di un Gran Maestro, con mia sorpresa parò il colpo, riparandosi dietro un alfiere di passaggio. Questi, poveretto, non si sa come, era in visita proprio a Sampiardarena, per disbrigare alcune urgenze recapitategli per conto del Re di Svezia, da concludersi a Principe. Stava dunque attraversando diagonalmente Via Cantore, quando il pedone nel mio mirino, vedendomi accelerare, si riparò dietro alla persona del povero Nicholas Bock, alfiere del Re di Svezia. Lo centrai anima e corpo: tanto che tutti i suoi visceri schizzarono in aria come un barattolo di fagioli preso a schioppettate. Fu un momento indescrivibile: fiutando il sangue, lupo era ridisceso a perdifiato dalle montagne balzando come un cavallo sulla scacchiera, ed ora pasturava sul parabrezza le infelici interiora dello svedese. L’esaminatrice svenne, ed io ne approfittai per dare uno sguardo al foglio, per vedere se avesse già segnato qualche errore di guida, con l’intenzione ferma di scancellarne. Il mio istruttore, invece, senza più far segni con le mani, mi fissava immobile, tremante. Ero veramente stanco di tutta quella messinscena. E lo esternai apertamente anche all’agente, sopravvenuto per la seconda volta: “E’ un maledetto pasticcio, lo so. Ma cosa crede, che io mi diverta? Io sono un lupo, agente: non un agnellino!”. Mi legarono come un salame, e portarono diritto in Questura. Il questore mi lasciò marcire per una mezza giornata sopra un sedile di plastica, prima di convocarmi.


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