Esame di revisione

Esame di revisione



L’appuntamento per l’esame pratico per la revisione della patente era alle ore 8:00 presso la motorizzazione di Via dei Proletari Carbonizzati 78 rosso. Tutto perfetto, non fosse stato per Riccardo Wagner! Ecco l’antefatto: i malefici pargoli dell’Altissimo, prima di entrare a scuola, sogliono chiedere al conducente – ed energicamente, se non li si accontenta – perfino il bis dell’esecuzione nota come Cavalcata delle Valchirie. Per chi non la conoscesse, la composizione è nota per aver commentato il sonoro delle mitragliate ai viet-cong nella celebre pellicola del direttore Francesco Coppola, Apocalisse adesso, uscita per il cinematografo nel 1979. Ancora, la stessa fu scelta dal maestro delle musiche Lu Lu Zhan per l’incipit del grande affresco storico, Le mura del Gran Mandarino crolleranno (uscito con tagli e censure a metà del secolo scorso), quando Gengis Khan, per stuzzicarsi le gengive dai rimasugli di stufato, acciuffa un soldato colto a mormorare e ne fa boccone, masticandoselo come foglia di coca.
Energizzato similmente, giungevo all’appuntamento in preda a istinti guerrieri, pronto ad atti d’eroismo; gli occhi fiammeggianti come Sibilla cumana. Mi offrirono un caffettino, che sdegnai con gesto ascetico. Eravamo dunque in quattro: due candidati, l’esaminatrice e l’istruttore d’Autoscuola.
L’esame consisteva in ciò: l’esaminando veniva rivestito con un vello di pecora, per simulare l’andatura dell’ungulato, nonché i versi del medesimo. L’esaminatore prendeva appunti a sostegno o meno della conformità fra il ruminante e il candidato. Qualora scappasse, anche per un istante, un ululato o singulto di canide, qualora il travestimento, insomma, cadesse, mettendo a nudo natura lupina, l’esaminando sarebbe risultato inidoneo, e la patente revocata. Ogni attenzione, pertanto, era rivolta, da parte di tutti, a soffocare l’istintiva natura. Si sarebbe detto un guaio se, per caso, una lupacchiotta odorante passasse, oppure il profumo di una braciolina giungesse a solleticar le nari dalle stufe del contado vicino. Invece, ciascuno studiava di condursi da agnellino, con andatura lenta, incolonnata, belante. Ma per rendere la prova più severa, era previsto nel tragitto d’esame di passar davanti ad osterie, tane di piacere, veri e propri lupanari. Quindi l’esaminatore prendeva appunti per coglier guizzi, o meno, dallo sguardo immobile dell’auto conducente. Si trattava così di dissimulare appieno tale aspettativa, d’esplicitar manovre d’auto rinnegamento e calcare ob torto collo la via stretta: “Rinnega te stesso e avrai il premio”.
Il mio compagno di corso, un lupo esperto manutentore di sistemi di refrigerazione e condizionamento dell’aria su navi e traghetti, provato per primo, fallì. Il nostro si era fino a quel momento condotto da brava pecora. Prima delle strisce, si fermava e faceva ossequi: neppure un fantasma avrebbe investito. Allo STOP scendeva dall’auto a mettere i ganci alle ruote, per dimostrarsi zelante. Ricordo che prima di mettere in moto, aveva chiesto: “Va bene, se alzo il finestrino?”. Si era voluto ingraziare l’accondiscendenza dell’esaminatrice, la bestia travestita d’agnello. Ora cadeva, lui e la sua malizia: bastò l’ombra d’uno zampino di leprotta, impresso artatamente sul selciato dagli agenti della motorizzazione, ad attizzarne le voglie più intestine. Proprio mentre il tragitto stava per concludersi, poco prima dell’arrivo, alla vista dell’orma, un singulto canino, fin lì trattenuto, gli vibrò su dai visceri, fuoriuscendo per l’esofago. Tutti lo sentimmo. L’esaminatrice, che fino a quel momento non aveva preso appunti, chinò sul foglio il capo sommessamente. La sentenza era scritta, come poi ebbe a dire ad auto ferma: “Inidoneo”. Lupo scese dall’auto, versò una lacrima e fuggì via alle montagne.


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