Scena seconda
In cui il sole splendente manifesta all’uomo il suo luminoso disappunto, e per la bellezza e la bontà delle sue parole il nostro poeta gli rende omaggio sacrificando la vita di uno scienziato, alquanto arrogante e invasato.
CORO (cantato)
O sole che riempi di gioia i miei giorni, dammi la forza di tessere dolce
una trama che suoni preziosa
anche a chi ascolta con orecchie di latta!
Parli il tuo spirito, ed ogni altro taccia!
Una luce abbagliante.
SOLE
Svegliati, uomo, svegliati dal sonno,
ti sei troppo impigrito sognando,
troppo a lungo disonorato il tuo fuoco!
Te, che al mio capezzale
hai mosso i primi passi,
da che ti vidi infante
sempre ho vegliato nel corso;
tu, che mai osasti fissarmi in volto,
della mia potenza timoroso,
che fai ora, che fai?
Pazzo a tenerti lontano dai miei sguardi,
ti sei dimenticato di onorarmi
e ora pensi di poter far da solo,
lasciandomi ai miei raggi?
Troppo tempo ho taciuto,
come conviene fra saggi,
e sono lento ad adirarmi,
ma ora dimmi: più non ami i miei doni?
Più non ti piace ascoltarmi?
Anche le stelle, le care amiche
mie antiche, mi han detto questo un giorno:
CORO (cantato)
Più non ci guarda,
non è più lo stesso!
SOLE
E se ne andaron via piangendo.
Suvvia rispondi,
se non hai perso il senno, parla:
Dove posa il tuo sguardo, ora?
Dove l’orecchio dimora?
UOMO
Io non ti trovo e tu mi manchi,
lo ammetto: io amo come scaldi!
SOLE
E ti amerò ancora, per cinque miliardi di anni!
Ma impara, ora, impara da me
e da quest’ amor che non risparmia.
Fiamma io sono, incosciente?
ma d’azzurro vesto il cielo
e risveglio i colori nel mondo.
Fiamma io sono, incosciente?
ma chi più di me ha un cuore caldo,
chi un cratere tanto colmo?
Così tu impara, impara da me
a non trattenere i tuoi raggi
nelle segrete d’un fradicio umore: brucia il tuo legno se è marcio,
o i tarli avranno a divorarlo;
consuma te stesso donandoti
perché della stessa fiamma siam fatti!