Dai Ciliegi

Dai Ciliegi


E dopo pochi giorni
si staccarono dai rami
e sparse per il suolo
le ciliegie calpestiamo.

E un suono ci richiama
su dagli orti e qui fra i rami
con tono di rimprovero
come voci di madri.

Ci chiede di affrettarci
ché dentro casa è pronto
le tavole addobbate
e fuori freddo, scade il giorno.

Ma noi fra solidali
non vogliamo risalire
per coltivare l’orto
serviranno queste ore.

Ma poi cosa faranno
se il buio cala intorno?
Non han goduto luce
fin da quando il sole è sorto?

E quando son mature
la mano del padrone
che scende giù nell’orto
ci viene ad assaggiare.

Ma se qualcuna baca
perché c’ha i vermi dentro
o se è rimasta guasta
dal becco di un fringuello,

ci lascia appese al ramo
fin quando viene il vento
che fa cadere al suolo
dove anche i cani vengono.

E questo che ci accade
è simile alle vostre
tragedie tutte umane
ciliegie come foste:

poiché anche voi appesi
all’albero di vita
da quello siete scesi
perdendone la linfa.

Ed ora chi vi gusta
vi trova anche insipienti
lasciandovi cascare
per terra fra gli sterpi,

laddove bisce accese
dall’ira e da ingordigia
vi possono inghiottire
e mai più risputare.

Invece quelle adorne
di grazia e di freschezza
piace al padrone accogliere
dentro un’ampia cesta.

Cuocendole le scioglie
fino ad amalgamarle
ci fa gran marmellate
che tiene su in dispensa.

Ma le migliori prende
mettendosele in bocca
non per le torte sceglie
gusta direttamente.

A volte quelle grame
ne ha quasi simpatia
le infila nella cesta
e se le porta via.

E queste son contente,
così come voi siete
gramati dal peccare
pendenti dai ciliegi:

come ciliegie amare
graziate dal bel tempo,
scampate poi dal vento
se poi l’amor vi pente.

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