Corpus Domini

Corpus Domini

1         Alita giugno fra le agavi
e giungendo ai salsi moli,
fra navi ed ignavi in ammollo,
fra lento ed incompreso procedere
5         risalir vede dalle fogne medievali,
poggiatasi a moderno bastoncello,
l’anziana sposa del Signore Dio eterno.
Non più fresca vergine,
procede a denti stretti:
10       museruola d’ increduli la scorta,
tra bordelli di sguardi,
il fuggi via dei ratti,
fin dove, finalmente, veterana gloria
di nobili, i cui frutti son gli immobili,
15       dall’ urbana savana
le porge fresca ombra.
«Pisciata indifferenza che ci scorta!»
geme d’amore il Presbiterio.
Ingessata a vecchie usanze,
20     spompata dal servizio e ciarla orante,
risparmia il fiato ai canti la vecchiona
mentre a più comodi megafoni
affida blanda gioia
che per via non s’ amplifica.
25       Un giovane idealista trasogna,
mentre muove labbra incerte sulle nenie
che piovon come frecce pizzose d’ ogni lato;
su altri pensieri intanto si porta:
«Tutto sommato, è Lui che conta».
30      Ed eccolo venire dietro a noi:
proprio accanto al cardinale,
Dio l’ onnipotente,
Padre Figlio Spirito Santo:
sopra un’ arca portata dai suoi creati servi
35       il Pantocreatore avanza fingendosi pane!
Non vuol spaventare,
semplice e abbordabile
come un tozzo senza gloria;
senza succulenti pretese,
40      chi non lo vorrebbe mangiare?
Mistero d’ amor che ci tormenta.
Noi che fra le dita abbiamo la potenza
creatrice ad umilissime sembianze
affidata, quale timore impedisce
45       di saltare giulivi per le strade?
Chi trattiene la marcia
dallo strisciare con angelica esultanza?
Non piacque al Signore
la baldoria del suo Davide
50      che sordo alla folla folle dimenava
braccia e gambe intorno al re?
Ora noi offriamo Te con mani impure,
e per Te, onnipotente, facciamo poco e niente.
Trascinato a destra e a manca,
55       chi ti ha mai conosciuto abbastanza,
chi considerato col timor che ti si deve?
Ora noi spezziamo Te con mani impure,
ma quando fra le Tue saremo noi,
strappati come erbette dal muro,
60      sfilati come vongole dal guscio,
l’anime nostre poverelle ti vedranno quale sei:
gradirai allora il nostro succo, eterno Giudice?
Che sarà di me, se volendomi assaggiare
mi troverai troppo stagionato nell’umano,
65       se saprò di chiuso tappo?
Vino troppo umano impermeabile allo Spirito:
vomiterai le mie fatiche
giudicandomi empio e vano?
Ahi noi, sommo ed eterno Giudice,
70        abbi pietà dei tuoi, creati poveri!
S’alza un coro dal sacro Presbiterio:
«Dove il positivo? Dove i rimedi
nel discorso, giovanotto?».
E’ vero: esprime il cuor mio sacri tremiti,
75        non propriamente secondo vaticano.
Ma ecco, fratelloni miei,
eccolo arrivare il soccorso!
Racchiusi in un boccone il pan tuo creatore:
mangiamolo e adoriamolo contenti.
80       Chi potrà salvarci – se non Colui che è ?

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